La mia vita è con o senza filtro? Dipende, direi.
Amo i setacci. Hai presente quei grandi setacci per le farine? Oppure quelli piccoli di plastica colorata con i quali giocano i bambini sulle spiagge? Ecco, potrei dire di essere una cultrice dei setacci. Benché io ami le farine integrali, infatti, amo l’azione di setacciare quelle bianche (“0”) e anche lo zucchero a velo, quando preparo i miei dolci. Nella preparazione di queste ciambelline, per esempio, ho setacciato la ricotta, la farina e la fecola di patate, e poi anche lo zucchero a velo. Le nuvole bianche che ho prodotto, mi hanno fatto sorridere (sì, anche qui parlo di lentezza e sorrisi), perché il lento posarsi delle candide polveri sul piano di lavoro in cucina, mi mette allegria.
In giardino, poi, l’azione che maggiormente amo compiere è il rastrellare, che in fondo è un’altra operazione di filtraggio. Davanti agli occhi della memoria le forti contadine di montagna, viste spessissimo nella mia infanzia, con enormi rastrelli raccoglievano l’erba tagliata di fresco, che finiva di gerla in gerla alle stalle, per l’inverno. Pettinavano i campi spandendo nell’aria l’aroma balsamico del fieno fresco molto prima che qualche imprenditore avveduto ne facesse un fantastico business, con i bagni di fieno, che fanno bene anche ai troppi soggetti allergici ai pollini.
Non sto eludendo il discorso che io stessa ho scelto a tema di questo post, sto parlando, in fondo, di filtri. A 50 anni ormai suonati (oggi ne compio davvero 50!), ho imparato, quindi, l’arte della diplomazia, nella quale l’uso di filtri è indispensabile? Non proprio. E qui sta il punto. Se tra i miei obiettivi di crescita c’è l’arrecare il minor danno possibile, quei filtri devo imparare ad utilizzarli, porca vacca (oops! Ecco che ci ricasco). Sempre più spesso sento dire che più si invecchia e più si diventa intolleranti. L’uso dei filtri, dunque, sembrerebbe attività a crescita inversamente proporzionale all’età, di solito. Devo guardare la faccenda da un punto di vista diverso, allora.
Pensavi che avrei dato risposte definitive? Mhmm, non ho imparato ancora, non ne troverai in questo blog. Posso dirti però che invertendo un po’ la faccenda annoto che i filtri possono tanto far passare la parte migliore della materia, quanto trattenerla per lasciar passare lo scarto. Ci avevi mai pensato in questi termini?
I cercatori d’oro nel setacciare acqua o sabbie cercano la pepita e i traduttori, al pari loro, selezionano da un testo il significato più adatto (ne parla splendidamente alla fine di questo articolo, il buon Alessandro Iovinelli). C’è un altro esempio molto più godereccio, di filtro che trattiene la parte migliore lasciando andare lo scarto: lo vedi in questa foto, in cui il contenitore dalla forma insolita sul quale sono appoggiate delle mozzarelline è in realtà uno “scolamozzarelle”, dove la ciotola sottostante raccoglie il latte che fuoriesce dalle perle bufaline.
Nulla di risolto, infine. Posso perciò continuare a chiedermi e a chiedere a te che hai letto fin qui: se imparassimo mai ad essere diplomatici vorrebbe dire che avremmo imparato a trattenere il meglio o che lo avremmo lasciato passare? Ci applicheremo, allora, all’arte diplomatica? Bho, io intanto mi mangio una mozzarella, che è quasi ora di pranzo.